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sabato 24 marzo 2007

 

PIENZA VAL d'ORCIA mostra fotografica

“PIENZA VAL d'ORCIA”, la mostra fotografica di Colomba D’Apolito
sabato 31 marzo, alle ore 17, presso Palazzo Piccolomini

Si terrà a Pienza dal 1 al 25 aprile la personale di Colomba D'Apolito, una mostra fotografica il cui titolo “PIENZA VAL d'ORCIA”, esplicita senza tanti giri di parole l’oggetto dell’obiettivo. La mostra ad ingresso libero, che sarà inaugurata sabato 31 marzo alle ore 16, verrà allestita presso le sale adiacenti al chiostro di Palazzo Piccolomini e sarà aperta tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 18. Il dittico in esposizione, chiamato “Sogno di Val d'Orcia”, è stato scelto come manifesto dell’esposizione, perché capace di suggerire una libertà che sottende a tutta la personale.

Libertà che si evidenzia anche nella scelta di D’Apolito di usare la macchina fotografica a mano libera, con pellicola di bassa sensibilità, che le fa ottenere immagini di peso leggero: l'emozione piuttosto che l'informazione. Nella mostra fotografica di Colomba D’Apolito sono la quantità e la qualità della luce a catturare l'impressione emotiva dello scenario. Il sentimento per il paesaggio della Val d’Orcia ne esce vivificato da uno sguardo fresco, che potrebbe essere quello lieve di un bambino. Il tutto con mezzi esclusivamente analogici. Il catalogo della mostra“PIENZA VAL d'ORCIA” – il cui testo di presentazione é di Vittorio Fagone, storico dell'arte e direttore della Fondazione Ragghianti di Lucca – raccoglie venti della venticinque opere in mostra, tra composizioni, dittici e immagini singole.

E’ una visione nuova e mediata dal sentimento quella che Colomba D’Apolito restituisce della città di Pienza e del territorio che la circonda, la Val d'Orcia. La città di Pio, perfetto gioielllo costruito per esprimere la potenza e la grazia papale - immersa in un territorio, quello toscano, di cui la Val d'Orcia rappresenta la quintessenza del paesaggio nel mondo - ha ispirato il genio compositivo di Colomba D’Apolito con risultati creativi di grande impatto visivo. I suoi lavori – venticinque opere, alcune di grandi dimensioni in esposizione – raccontano di luoghi ricostruiti attraverso la tecnica della composizione, realizzata attraverso il montaggio delle foto, poi passate allo scanner. Ne deriva una rilettura del paesaggio attraverso l’occhio di chi lo vive e abita; un modo di far emergere il sentimento, anche in contrapposizione a tanta fotografia contemporanea che soffre di eccesso di definizione.

La fotografa Colomba D'Apolito ha lavorato tre anni su questo paesaggio per poter restituire nella propria opera uno stile naturalistico e sensibile alle più piccole sfumature del colore, accompagnato da un approccio anticonformistico nei tagli. Una nuova spazialità derivante dalla soluzione compositiva le permette di risolvere in maniera magnificamente teatrale, per non dire scenografica - derivata sicuramente dai suoi inizi come fotografa teatrale - l'approccio a questi spazi iper-fotografati. Non è semplice avvicinarsi ad un paesaggio come quello della Val d’Orcia, un immaginario da cartolina abusato e riprodotto in ogni formato disponibile. Le composizioni che saranno presentate in mostra, sorprendentemente, risultano come frammenti, pezzi d'affresco recuperati dal fondo del tempo rispetto alle immagini singole. Il “sentimento struggente” del paesaggio che l'autrice vuole condividere con l’osservatore, trova la propria cifra espressiva.

«Ed allora – riprendendo le parole della stessa fotografa - la sagoma del Monte Amiata rimanda alla mente quella della Montagna Saint Victoire del Cezanne più sentimentale; la magnifica “piazza di Pienza” ad una composizione del Picasso più giocoso; la collina col grano tagliato, i covoni a seccare e le stoppie al sole con la “casa sulla collina” demistificata da un taglio alla Fontana; la morfologia dolcissima dei pendii che si susseguono l’un l’altro nelle foschie azzurrine, rimandano alle porzioni di paesaggio dei dipinti del nostro Rinascimento e al David Hockney dei primi lavori fotografici (i ritratti alla madre nel giardino) nel loro essere non “inscatolati”. Non ci sono figure umane a misurare la sospesa perfezione ed anche i tralicci assumono dignità, dichiarando la loro bellezza non oleografica. E’ come se il paesaggio fosse respirato dall'interno della materia: cielo, sole, terra, acqua, erba, stoppie, case, pali della luce, colline, linee, colori e respiro».

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