Nel
cuore della Maremma si trova il Comune di Grosseto, le cui origini risalgono
all'alto medioevo; gli sporadici ritrovamenti più antichi effettuati nella città
non sono sufficienti a provare un'origine Etrusca o Romana.
Fin dall'agosto
803 la chiesa di San Giorgio e molti suoi beni vennero dati in enfiteusi a Ildebrando
degli Aldobrandeschi, i cui successori furono conti della Maremma grossetana fino
alla fine del XII secolo. Il 1138 fu un anno importante per la città perché vide
il trasferimento della sede vescovile da Roselle a Grosseto. Gli anni successivi,
pur con alterne vicende, videro la città prima sotto la "protezione" di Siena,
poi sotto i Medici, in seguito sotto i Lorena.
Con
il Granduca Pietro Leopoldo, Grosseto ottenne la separazione da Siena con
Leopoldo II vide il compimento di molte opere di bonifica che posero fine al grande
flagello della pianura maremmana: la malaria.
Interessante il centro storico,
racchiuso entro le Mura medicee, con:
Il Duomo romanico-gotico, che
conserva numerose opere d'arte, tra cui la venerata Madonna delle Grazie di Matteo
di Giovanni e due splendide vetrate rinascimentali, il monumento più interessante
della città. Iniziato nel 1190 con il podestà Filippo, nel '400 ebbe la sua definitiva
sistemazione. Successivamente, però, ha visto numerosi rimaneggiamenti e restauri
che gli hanno tolto parte del primitivo splendore. La cattedrale si sviluppa su
tre navate, con i relativi spazi delimitati da quattro coppie di robuste colonne.
Si segna-lano le due vetrate originali del quattrocento sul lato verso piazza
Dante, attribuite a Benvenuto di Giovanni, mentre il fonte battesimale e l'altare
della Madonna, entrambi di Antonio Ghini, sono del 1470-1473, l'acquasantiera
del 1500.
Il
trecentesco convento di S. Francesco, inglobato nella ben conservata cinta
cinquecentesca delle Mura Medicee che, esaurita la loro funzione difensiva, assolvono
oggi al ruolo di "verde passeggiata". L'architettura è a navata unica in stile
gotico-francescano, con tetto a capanna sorretto da capriate in legno. Sulle pareti
si conservano affreschi databili dal '300 al '500, con il pregevole Crocifisso
attribuito a Duccio di Buoninsegna. In origine si chiamava "Chiesa di San Fortunato",
con San Pietro e con le tre chiese scomparse nella metà del '400 (San Giorgio,
Sant'Andrea e San Michele) fu donata al Vescovo di Grosseto da Clemente III (1188)
e retta dai Benedettini fino a quando non l'abbandonarono a causa della malaria.
La
chiesa di San Pietro, la più antica della Diocesi di Grosseto: con
Bolla di Clemente III la chiesetta di San Pietro venne donata a Gualfredo, Vescovo
di Grosseto nel 1188. La sua struttura di pietra squadrata è ad aula unica rettangolare,
l'abside conserva il suo aspetto originale in pianta semicircolare. Del 1235 è
una piccola lapide murata al suo interno che fa cenno al sepolcro di Ildebrando
Aldobrandeschi, figlio dell'omonimo Conte Palatino.
La chiesa di San Francesco,
che in origine si chiamava "Chiesa di San Fortunato". Con San Pietro e
con le tre chiese scomparse nella metà del '400 (San Giorgio, Sant'Andrea e San
Michele) fu donata al Vescovo di Grosseto da Clemente III (1188) e retta dai Benedettini
fino a quando non l'abbandonarono a causa della malaria. La sua architettura è
a navata unica in stile gotico-francescano, con tetto a capanna sorretto da capriate
in legno. Si conservano nelle pareti affreschi databili dal '300 al '500. Un bellissimo
Crocifisso in legno nell'altare maggiore è attribuito a Duccio di Boninsegna.
Meritano una visita anche il Museo Archeologico
e d'Arte della Maremma ed il Museo d'Arte Sacra della Diocesi di Grosseto.
La
Maremma, alla ricerca delle sue tradizioni, tra le altre cose, ha valorizzato
l'antica cerimonia della "Merca", la marchiatura del bestiame giovane (buoi e
cavalli) necessaria per poter inserire gli animali nella mandria. La Merca si
può rivivere ad Alberese il primo di Maggio, all'interno del Parco
dell'Uccellina; il 15 di Agosto, invece, si può assistere al rodeo
dei Butteri Maremmani. (Per maggiori informazioni visita la pagina degli eventi).
Un'altra
tradizione, che trova le sue radici in antichi riti di fertilità di tipica tradizione
contadina, è quella della "Maggiolata", antico canto di questua che alla fine
dell'800 si arricchì di contenuti politici e sociali, che vede i "Maggiolatori",
con abbigliamento all'insegna dei colori e dei fiori, andare di podere in podere
nelle notti tra il 30 di aprile e il 10 di maggio, cantando in ottava rima.