Natale
AmiantinoLe befanate dell'AmiataTra
gli spettacoli popolari, quello più diffuso sull'Amiata è senz'altro la Befanata.
Questa festa si canta infatti a Roccalbegna, Saragiolo, Tre Case, Bagnore, Semproniano,
Castell'Azzara e Marroneto tra il 5 e il 6 gennaio, in quella che ancora Shakespeare,
secondo il calendario gregoriano, chiamava la dodicesima notte: la magica notte
della invocazione della fertilità; negli ultimi anni si celebra una mascherata
del genere anche ad Abbadia San Salvatore. La tradizione forse più forte e più
antica è quella di Marroneto, frazione di Santa Fiora. Qui, il testo del canto
di questua, cioè di ricerca e di richiesta di beni materiali, è quello di sempre,
con pochissime varianti. Gli attuali befani, befanotti o befanai lo hanno ricevuto
dai genitori e dai nonni, insieme alla gestualità, ai tempi e alle modalità di
quello che è un vero e proprio spettacolo. Si è perso solo il contesto originario
in cui la befanata veniva cantata. Ritornati dalla Maremma dove si erano trasferiti
dopo la castagnatura per ripulire grandi spazi di macchia (si diceva che andavano
a "dicioccare"), gli antichi abitanti di Marroneto coglievano l'occasione per
festeggiare questo ritorno. Si lasciavano alle spalle mesi duri, durante i quali
avevano lavorato faticosamente, nutrendosi solo di farina di castagne. Per questo
nei loro canti invocavano il "ciccio", la carne che finalmente avrebbero potuto
mangiare. Se ne andavano in giro vestiti con abiti vecchi e laceri e il volto
sporco di fuliggine. La befana ha tutt'oggi una parrucca di lana bianca, la rocca
e il fuso per filare; il befano un bastone, cappello e pipa e la barba bianca.
Altri personaggi possono apparire in questa gaia combriccola di mostriciattoli:
il Panieraio-Corbellaio, detto anche Ciccio Carnevale, dotato di un enorme cesto
per accaparrarsi la carne del maiale da poco ucciso, il Gobbo e il Dottore, come
in una commedia dell'arte povera. Mentre alcuni befani cantano, altri suonano
vari strumenti: fisarmonica, chitarra e clarino o, in passato, organetto e mandolino. Chi
offriva generosamente ai befanotti vino e salsicce, riceveva in cambio gli auguri
per l'anno nuovo: uno scialle alle vecchie, un marito alle ragazze, un confetto
ai bambini, un nuovo marito alle vedove, il carnevale ai giovanotti e tanta salute
per la vigna, le galline e il maiale. Con l'Epifania terminavano le feste di
Natale e cominciava il Carnevale. Il Befano era sulla soglia tra queste due feste,
molto simile al Cuccucicciu abbadengo e, come tale, la Befanata non costituiva
una semplice occasione di festeggiamenti per i lavoratori della Maremma che ritornavano,
ma - come i riti del fuoco - era essa stessa un rito, una celebrazione, una forma
apotropaica per attrarre gli influssi benigni sulle campagne e sul bestiame. Nessuno
di coloro che riceveva i befani nella sua cucina, infatti, li mandava via senza
niente, perché farlo avrebbe significato attrarsi un cattivo auspicio. Dopo
il canto, veniva inscenata una piccola commedia, in cui il befano pestava la befana
(che rappresentava pertanto la vecchia stagione destinata a morire, portandosi
via tutti i guai) a bastonate: il dottore, visitandola, chiede per lei ai padroni
di casa uova, prosciutto, salsiccia e formaggio. Ricevute le offerte, veniva intonato
un canto di ringraziamento e la brigata si allontanava. Natale
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