Il Tartufo rappresenta l'espressione massima autunnale,
regnando incontrastato sulle tavole e provocando la fantasia dei buongustai. E'
noto che fin dall'antichità si facesse uso gastronomico di questo pregiato fungo,
dai Babilonesi agli Egizi che furono i primi a decantarne le qualità allo stesso
Cheope che li preferiva cotti, per finire al greco Teofrasto, allievo di Aristotele,
al quale si fa risalire una curiosa e famosa cantonata scientifica sulla natura
del nobile vegetale: secondo la sua interpretazione, lo sviluppo del Tartufo sarebbe
da attribuire niente meno che alla combinazione tra pioggia e tuono, introducendo
in questo modo la millenaria nomea sulle sue virtù.
Era presente sulla tavola
del celebre Lucullo, uomo di proverbiali stravizi, ed ai Romani si devono, seppure
incidentalmente, i nomi correnti del Tartufo: terrae tuber, come lo definirono
plinio il Vecchio e Petronio, o truffolae terrae, vale a dire rigonfiamento della
terra, sintetizzato in truffolae, da questo il dialettale trifola e le voci straniere
truffe, francese, e truffle, inglese.
Trascurati per millenni dalla gastronomia,
i tartufi entrano in scena con vigore sul nascere del secondo Millennio. L'epoca
grigia del tartufo sembra ormai lontana, sono lontane le teorie strampalate di
Teofrasto e di quanti sostenevano dicerie sulle sue virtù, e nel nuovo clima che
si sta creando attorno a questo frutto, l'epoca dei Comuni e delle Signorie rappresenta
la rinascita gastronomica che porterà i tartufi bianchi e neri a diventare i protagonisti
delle tavole del Rinascimento. Aneddoti che coinvolgono personaggi di grido del
tempo si susseguono, da Caterina Dè Medici, cui si attribuisce il merito di aver
portato il Tartufo alla corte di Francia, alla perfida Lucrezia Borgia, che pare
se ne servisse per accrescere il suo fascino.
Quanto alle presunte proprietà
erotiche del tubero, qualche risvolto ormonale deve poi averlo il suo forte profumo.
Perché mai le femmine di cinghiale, stando a certi cronisti, avrebbe interrotto
la fuga imbattendosi nella fatale trifola? Di questi aneddoti ne è colmo anche
il campo gastronomico fino all'apoteosi dei Tournedos alla Rossini. Paralleli
ai progressi gastronomici sono gli sforzi per scardinare il segreto biologico
del Tartufo. Scarsi i risultati: occorre aspettare il 1831 e la Monographia Tuberacearum
di Carlo Vittadini perché lo si definisca un fungo ipogeo. Nell' attesa Molière
lo eleva ai disonori della commedia facendo di Tartufo il suo più celebre eroe
negativo, ipocrita e moralmente sotterraneo ( e l' evidente parentela della parola
truffa da truffe la dice lunga sulle delusioni già allora patite da cercatori
e acquirenti). Un ingiusto destino per il nobile frutto.